Regolamento per l’esercizio delle preparazioni per il riutilizzo in forma semplificata

Il 16 settembre 2023 entrerà in vigore il Decreto 10 luglio 2023, n. 119, del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 1 settembre 2023, n. 204, che riporta il regolamento recante determinazione delle condizioni per l’esercizio delle preparazioni per il riutilizzo in forma semplificata.

Il regolamento, ai sensi degli articoli 181 e 214-ter del D.Lgs n. 152/2006 definisce:

  • le modalità operative ed i requisiti minimi di qualificazione degli operatori necessari per l’esercizio di attività di preparazione per il riutilizzo dei rifiuti in procedura semplificata;

  • le dotazioni tecniche e strutturali necessarie per l’esercizio delle attività;

  • le quantità massime impiegabili, la provenienza, i tipi e le caratteristiche dei rifiuti, nonché le condizioni specifiche in base alle quali prodotti o componenti di prodotti diventati rifiuti sono sottoposti a operazioni di preparazione per il riutilizzo;

  • le condizioni specifiche per l’esercizio di operazioni di preparazione per il riutilizzo.

Il decreto chiarisce che le operazioni di preparazione per il riutilizzo riguardano rifiuti idonei ad essere preparati per il loro reimpiego mediante operazioni di controllo, pulizia, smontaggio e riparazione che garantiscono l’ottenimento di prodotti o componenti di prodotti conformi al modello originario.

La conformità è garantita quando le operazioni di preparazione per il riutilizzo consentono di ottenere prodotti o componenti di prodotti che, rispetto ai prodotti originari, abbiano la stessa finalità per la quale sono stati concepiti e le medesime caratteristiche merceologiche e garanzie di sicurezza come individuate dalla normativa tecnica di settore ovvero gli stessi requisiti previsti per l’immissione sul mercato. Il prodotto ottenuto da tali operazioni viene etichettato con l’indicazione: “prodotto preparato per il riutilizzo“.

 

Sono esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento:

– i rifiuti destinati alla rottamazione collegata a incentivi fiscali;
– i rifiuti di prodotti a uso cosmetico, farmaceutico e i rifiuti di prodotti fitosanitari;
– pile, batterie e accumulatori;
– pneumatici soggetti alla disciplina del decreto ministeriale 19 novembre 2019, n. 182;
– i RAEE aventi caratteristiche di pericolo e i rifiuti di prodotti contenenti gas ozono lesivi;
– i prodotti ritirati dal mercato da parte del produttore o sprovvisti di marchio CE dove previsto;
– i veicoli fuori uso;
– i rifiuti i cui codici EER non sono ricompresi nella tabella 1 dell’allegato 1 del regolamento, quelli allo stato liquido e aeriforme, nonchè i rifiuti radioattivi e i rifiuti da articoli pirotecnici.

 

Per l’esercizio delle suddette attività il gestore deve possedere i seguenti requisiti:

a) essere cittadino italiano o di Stati membri dell’Unione europea;

b) se cittadino di uno Stato terzo che riconosca analogo diritto ai cittadini italiani, stabilire il proprio domicilio in Italia;

c) non versare in stato di interdizione o inabilitazione ovvero di interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

d) non aver riportato condanna passata in giudicato;

e) non essere assoggettato alle cause di divieto, di decadenza o di sospensione;

f) non aver reso false dichiarazioni o compiuto falsificazioni nel fornire le informazioni richieste ai sensi del presente articolo;

g) non aver subito accertamento in forma definitiva della violazione del divieto di intestazione fiduciaria.

Per avviare l’attività di preparazione per il riutilizzo è necessario inviare la comunicazione di inizio attività, a firma del gestore, da rinnovare ogni 5 anni e in caso di variazioni dei dati comunicati dal gestore. Decorsi 90 giorni da tale comunicazione sarà possibile dare inizio all’attività.

Alla comunicazione va allegata una relazione, sottoscritta dal legale rappresentante dell’impresa, da cui risulti:

  1. l’ubicazione e la planimetria del centro presso cui saranno effettuate le attività;

  2. il titolo di godimento dell’immobile;

  3. la capacità di trattamento giornaliera e annuale per singola classe merceologica, la capacità di messa in riserva dei rifiuti destinati alle operazioni di preparazione per il riutilizzo, la

  4. capacità di stoccaggio dei rifiuti derivanti dalle operazioni di preparazione per il riutilizzo, la capacità di stoccaggio dei beni derivanti dalle operazioni di preparazione per il riutilizzo;

  5. l’autocertificazione attestante il possesso di eventuali autorizzazioni ambientali necessarie alle attività;

  6. la destinazione urbanistica dell’area sede dell’attività.

Correttivo riforma del lavoro sportivo: trattamento tributario 

Il nuovo decreto legislativo correttivo della riforma del lavoro sportivo, intervenendo sull’articolo 36, comma 6, del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, è intevenuto anche su alcuni aspetti relativi al trattamento tributario in materia (D.Lgs. 29 agosto 2023, n. 120).

Il D.Lgs. 29 agosto 2023, n. 120, è intervenuto con modifiche sui precedenti decreti legislativi 28 febbraio 2021, nn. 36, 37, 38, 39 e 40 attuativi della riforma dello sport (Legge delega n. 86/2019). Fra le altre modifiche intervenute, l’articolo 29 del decreto correttivo ha inciso sull’articolo 36 del D.Lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, relativo al trattamento tributario in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché di lavoro sportivo.

 

Ai sensi del primo comma del suddetto articolo 36, l’indennità prevista al termine dell’attività sportiva per le Federazioni Sportive Nazionali, le Discipline Sportive Associate e gli Enti di Promozione Sportiva è soggetta a tassazione separata, agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Inoltre, per l’attività relativa alle operazioni di cessione dei contratti è previsto che le società sportive osservino le disposizioni del D.P.R. n. 633/1972, distintamente dalle altre attività esercitate, tenendo conto anche del rispettivo volume d’affari.

 

Per le società ed associazioni sportive dilettantistiche senza fini di lucro resta fermo il regime agevolativo che consiste nella decommercializzazione delle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, verso pagamento di corrispettivi specifici effettuate nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali.

 

Resta immutato anche il comma 4 dell’articolo 36, nel quale viene specificato che le somme versate a titolo di premio di addestramento e formazione tecnica sono equiparate alle operazioni esenti dall’IVA. Tale premio, qualora sia percepito da società e associazioni sportive dilettantistiche senza fini di lucro che abbiano optato per il regime di cui alla Legge n. 398/1991, non concorre alla determinazione del reddito di tali enti.

 

Da sottolineare è la nuova formulazione dell’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 36, sul quale ha inciso il decreto correttivo. Nello specifico la norma prevede che i compensi di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo non costituiscono base imponibile ai fini fiscali fino all’importo complessivo annuo di euro 15.000,00 e, in ogni caso, tutti i singoli compensi per i collaboratori coordinati e continuativi nell’area del dilettantismo inferiori all’importo annuo di 85.000 euro non concorrono alla determinazione della base imponibile.

All’atto del pagamento, dunque, è dovere del lavoratore sportivo rilasciare l’autocertificazione attestante l’ammontare dei compensi percepiti per le prestazioni sportive dilettantistiche rese nell’anno solare.

 

Con l’obiettivo di sostenere il graduale inserimento degli atleti e delle atlete di età inferiore a 23 anni nell’ambito del settore professionistico, le retribuzioni agli stessi riconosciute, al fine del calcolo delle imposte dirette, non costituiscono reddito per il percipiente fino all’importo annuo massimo di euro 15.000,00. In caso di superamento di detto limite, il predetto importo non contribuisce al calcolo della base imponibile e delle detrazioni da lavoro dipendente.

Tali disposizioni si applicano, per quanto riguarda gli sport di squadra, alle società sportive professionistiche il cui fatturato nella stagione sportiva precedente non sia stato superiore a 5 milioni di euro.

 

Infine, l’articolo 36, comma 6-quater, inquadra le somme versate a propri tesserati, in qualità di atleti e tecnici che operano nell’area del dilettantismo, a titolo di premio per i risultati ottenuti nelle competizioni sportive, anche a titolo di partecipazione a raduni, quali componenti delle squadre nazionali di disciplina nelle manifestazioni nazionali o internazionali, da parte di CONI, CIP, Federazioni sportive nazionali, Discipline sportive associate, Enti di promozione sportiva, Associazioni e società sportive dilettantistiche, come premi soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di imposta in misura pari al 20%.

Finanziamenti alle imprese per il sostegno dei programmi di investimento nella tutela ambientale

Il Ministero delle imprese e del made in Italy, con l’obiettivo di sostenere i programmi di investimento delle imprese nella tutela ambientale, ha stanziato 300 milioni di euro a valere sul “Fondo per il sostegno alla transizione industriale” (Ministero delle imprese e del made in Italy, comunicato 5 Settembre 2023).

Il Fondo per il sostegno alla transizione industriale, istituito dall’articolo 1, commi 478 e 479, della Legge n. 234/2021, è volto favorire l’adeguamento del sistema produttivo italiano alle politiche UE sulla lotta ai cambiamenti climatici.

Le agevolazioni sono concesse a imprese di qualsiasi dimensione del territorio nazionale, in particolare quelle che operano nei settori estrattivo e manifatturiero, nella forma del contributo a fondo perduto, per programmi di investimento che perseguono:

  • l’efficientamento energetico;

  • il cambiamento fondamentale del processo produttivo;

  • l’installazione di impianti da autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, idrogeno e impianti di cogenerazione ad alto rendimento;

  • la riduzione dell’utilizzo delle risorse tramite il riuso, il riciclo o il recupero di materie prime e/o l’uso di materie prime riciclate.

Le imprese, alla data di presentazione della domanda, devono:

– essere regolarmente costituite, iscritte e attive nel registro delle imprese;
– operare in via prevalente nei settori estrattivo e manifatturiero, di cui alle sezioni B e C della classificazione delle attività economiche ATECO 2007;
– essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti, non essere in liquidazione volontaria e non essere sottoposte a procedure concorsuali;
– non essere già in difficoltà al 31 dicembre 2019;
– non rientrare tra i soggetti che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato o depositato in un conto bloccato, gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione europea;
– aver restituito somme dovute a seguito di provvedimenti di revoca di agevolazioni concesse dal Ministero;
– essere in regola con le disposizioni vigenti in materia obblighi contributivi;
– non trovarsi in una delle situazioni di esclusione previste dall’articolo 5, comma 2, del D.M. 21 ottobre 2022.

 

Il 50% delle risorse annualmente destinate al Fondo è riservata alle imprese energivore.

Riguardo alle modalità e termini per la presentazione delle domande di agevolazione, il MIMIT ha chiarito che le imprese possono presentare una singola domanda per unità produttiva, indipendentemente dalla pluralità di obiettivi ambientali perseguiti dal programma di investimento, in via telematica accedendo alla piattaforma predisposta da Invitalia, nell’apposita sezione “Fondo per il sostegno alla transizione industriale”, a partire dal 10 ottobre e fino al 12 dicembre 2023.

 

I programmi devono prevedere spese complessive ammissibili di importo compreso tra 3 e 20 milioni di euro.

Le domande saranno avviate alla fase di valutazione istruttoria secondo l’ordine stabilito in graduatoria, sulla base di punteggi attribuiti ai singoli programmi di investimento e, a parità di punteggio, prevarrà la domanda di agevolazione il cui contributo agevolativo risulterà più contenuto. 

Fusione per incorporazione: società incorporante legittimata a recuperare il credito IVA rigenerato

L’operazione di fusione integra sia sul piano civilistico che fiscale una successione a titolo universale dell’incorporante nel complesso delle posizioni giuridiche attive e passive della società incorporata. La società controllata è, dunque, legittimata a recuperare il credito IVA una volta ”rigenerato” (Agenzia delle entrate, risposta 30 agosto 2023, n. 423).

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in relazione a una fattispecie nella quale una società, fondendosi per incorporazione ad un’altra, a causa della mancata compilazione del quadro VX della dichiarazione annuale IVA relativo all’attestazione della sussistenza dei requisiti per l’esonero dalla fideiussione, ha ricevuto due atti dall’Agenzia delle entrate per il recupero del credito trasferito dalla controllata alla controllante e, da quest’ultima utilizzato in compensazione nell’ambito della liquidazione dell’IVA di gruppo.

Valutando l’ipotesi di definizione agevolata, a condizione che sia ammesso il successivo recupero dei crediti rigenerati per effetto del pagamento delle adesioni, la società controllata ha chiesto chiarimenti all’Agenzia riguardo all’ammontare dell’IVA recuperabile, al soggetto al quale competono gli adempimenti relativi alla definizione e al recupero del credito e alla modalità di utilizzo del suddetto credito riversato.

 

Riguardo alla definizione in via agevolata delle controversie tributarie aventi ad oggetto atti di recupero crediti d’imposta indebitamente utilizzati, l’Agenzia ha richiamato quanto già chiarito con la circolare del 27 gennaio 2023,  n. 2/E, nella quale viene specificato che il comma 186 della Legge di bilancio 2023 non contiene specificazioni circa la tipologia degli atti oggetto delle controversie definibili e, quindi, possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi.

 

Pertanto, gli atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati rientrano nel novero degli atti impositivi e le relative controversie possono formare oggetto di definizione agevolata. Parimenti, sono ad oggi definibili le controversie relative agli avvisi di pagamento, gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica, gli avvisi di liquidazione e gli altri atti di competenza dell’Agenzia delle entrate a carattere impositivo (tra i quali gli atti di recupero crediti esistenti), purché a monte non esista già un accertamento definitivo.

 

Nel caso di specie, trattasi di procedimenti pendenti, non ancora decisi, riguardo ai quali l’Agenzia conferma la possibilità di definizione applicando, in relazione allo stato e al grado in cui pende la controversia stessa, le percentuali di riduzione stabilite dai commi da 186 a 191 della Legge di bilancio 2023.

Le modalità di attuazione della misura deflattiva da applicare sono quelle rese note con provvedimento direttoriale n. 30294/2023, dal quale si evince che la definizione agevolata delle liti pendenti si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento dell’importo netto dovuto o della prima rata entro il termine e con le modalità indicate. Tuttavia, il suddetto perfezionamento resta condizionato all’esito del controllo eseguito dall’ufficio, e potrebbe venir meno in caso di diniego della definizione agevolata.

 

L’Agenzia ha ritenuto opportuno precisare che, laddove l’istante intenda ”rigenerare” il credito IVA, da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale, dovrà procedere al pagamento dell’imposta indicata negli atti sopra indicati e rinunciare alla controversia con riferimento all’imposta medesima.

 

Infine l’Agenzia ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 2504 bis del codice civile, la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione.

Pertanto, nel caso di specie, l’operazione di fusione ha integrato, sia sul piano civilistico che fiscale, una successione a titolo universale dell’incorporante nel complesso delle posizioni giuridiche attive e passive della società incorporata e di conseguenza l’incorporante è legittimato a recuperare il credito IVA una volta aver proceduto alla ”rigenerazione”.

Definizione agevolata delle liti pendenti e possibilità di rigenerazione di un credito IVA

Nell’ambito della definizione agevolata delle liti pendenti, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che per la rigenerazione di un credito IVA è necessario versare separatamente l’imposta dovuta e scegliere la definizione agevolata solo per le sanzioni e gli interessi (Agenzia delle entrate, risposta 30 agosto 2023, n. 422).

L’articolo 1, comma 186, della Legge di bilancio 2023 dispone che le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate ovvero l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello innanzi alla Corte di cassazione, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia. Dagli importi dovuti ai fini della definizione agevolata si scomputano quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio.

 

In riferimento alla definizione in via agevolata delle controversie tributarie aventi ad oggetto atti di recupero crediti d’imposta indebitamente utilizzati, l’Agenzia delle entrate, con la circolare del 27 gennaio 2023, n. 2/E, ha già avuto modo di chiarire che, il suddetto comma 186 della Legge di bilancio 2023 non contiene specificazioni circa la tipologia degli atti oggetto delle controversie definibili e, quindi, possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi.

Al riguardo, la circolare del 1 aprile 2019, n. 6/E, ha precisato che gli atti di recupero dei crediti d’imposta indebitamente utilizzati rientrano nel novero degli atti impositivi e che, quindi, le relative controversie possono formare oggetto di definizione agevolata.

La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento dell’importo netto dovuto o della prima rata.

 

Nel caso di specie, l’istante sta valutando l’ipotesi di definizione agevolata di due contenziosi, soltanto a condizione che sia ammesso il successivo recupero dei crediti rigenerati per effetto del pagamento delle adesioni, chiedendo pertanto chiarimenti in merito all’ammontare dell’IVA recuperabile e la modalità di utilizzo del credito riversato.

In risposta l’Agenzia precisa che, laddove l’istante intenda ”rigenerare” il credito IVA, da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale, dovrà procedere al pagamento dell’imposta indicata negli atti e rinunciare alla controversia con riferimento all’imposta medesima. Tale controversia, una volta ridotta alle sole sanzioni e agli interessi, potrà essere definita secondo quanto previsto dall’articolo 1, comma 191, della Legge di bilancio 2023. Dunque, dovrà essere versata separatamente l’imposta dovuta e sarà possibile la definizione delle sole sanzioni collegate al tributo e degli interessi mediante la sola presentazione della domanda.

Infine l’Agenzia chiarisce che, qualora l’istante decida di ”rigenerare” il credito IVA, potrà riportare nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA/2024 per il periodo d’imposta 2023 l’importo del credito IVA versato corrispondente a quanto recuperato con gli atti emessi dall’Agenzia.

 

 

Firma elettronica semplice non idonea ai fini delle dichiarazioni fiscali

Ai fini della sottoscrizione e conservazione delle dichiarazioni fiscali, l’Agenzia delle entrate ha dichiarato l’inidoneità della firma elettronica “semplice” (ossia non qualificata, digitale o avanzata) a garantire i requisiti che i documenti informatici, specie se di natura fiscale, devono possedere sin dal momento della loro formazione (Agenzia delle entrate, consulenza giuridica 30 agosto 2023, n. 1).

Le dichiarazioni sono documenti fiscalmente rilevanti, perciò i contribuenti e i sostituti di imposta che presentano una dichiarazione in via telematica devono conservarla, debitamente sottoscritta, redatta su modello conforme e corredata dai documenti rilasciati dal soggetto incaricato di predisporla.

 

Nell’articolo 1del D.M. 17 giugno 2014, ai fini tributari, la formazione, l’emissione, la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione, l’esibizione, la validazione temporale e la sottoscrizione dei documenti informatici, avvengono nel rispetto delle regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 71 del D.Lgs. n. 82/2005, e dell’articolo 21, comma 3, del D.P.R. N. 633/1972, in materia di fatturazione elettronica. 

 

Le disposizioni presenti nel D.M. 17 giugno 2014 non riguardano solo le dichiarazioni dei redditi (e le relative copie), ma anche tutti gli altri documenti rilevanti ai fini tributari che gli intermediari trasmettono all’Agenzia delle entrate e/o gestiscono in adempimento degli obblighi assunti nei confronti dei contribuenti, curandone per qualsiasi ragione la conservazione.

 

I documenti informatici rilevanti ai fini tributari hanno come caratteristiche:

– l’immodificabilità;

– l’integrità;

– l’autenticità;

– la leggibilità.

 

Il processo di conservazione dei documenti informatici termina con l’apposizione di un riferimento temporale opponibile a terzi sul pacchetto di archiviazione.

Il procedimento di generazione delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti e scritture analogici termina, invece, con l’apposizione della firma elettronica qualificata, della firma digitale ovvero della firma elettronica basata sui certificati rilasciati dalla Agenzie fiscali.

 

L’Agenzia ricorda che le regole tecniche per la formazione, per la trasmissione, la conservazione, la copia, la duplicazione, la riproduzione e la validazione dei documenti informatici, nonché quelle in materia di generazione, apposizione e verifica di qualsiasi tipo di firma elettronica, sono stabilite con le Linee guida AgID, nelle quali viene precisato che il documento informatico è formato mediante una delle seguenti modalità:

 

a) creazione tramite l’utilizzo di strumenti software o servizi cloud qualificati che assicurino la produzione di documenti nei formati e nel rispetto delle regole di interoperabilità;

b) acquisizione di un documento informatico per via telematica o su supporto informatico, acquisizione della copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, acquisizione della copia informatica di un documento analogico;

c) memorizzazione su supporto informatico in formato digitale delle informazioni risultanti da transazioni o processi informatici o dalla presentazione telematica di dati attraverso moduli o formulari resi disponibili all’utente;

d) generazione o raggruppamento anche in via automatica di un insieme di dati o registrazioni, provenienti da una o più banche dati, anche appartenenti a più soggetti interoperanti, secondo una struttura logica predeterminata e memorizzata in forma statica. Il documento informatico deve essere identificato in modo univoco e persistente.

 

Nel caso di documento informatico formato secondo la sopracitata lettera a), l’immodificabilità e l’integrità sono garantite da una o più delle seguenti operazioni:

-apposizione di una firma elettronica qualificata, di una firma digitale o di un sigillo elettronico qualificato o firma elettronica avanzata;

-memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee misure di sicurezza;

-il trasferimento a soggetti terzi attraverso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (regolamento eIDAS), valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale;

-versamento ad un sistema di conservazione.

 

Nel caso di documento informatico formato secondo la sopracitata lettera b) l’immodificabilità ed integrità sono garantite da una o più delle seguenti operazioni mediante:

-apposizione di una firma elettronica qualificata, di una firma digitale o di un sigillo elettronico qualificato o firma elettronica avanzata;

-memorizzazione su sistemi di gestione documentale che adottino idonee misure di sicurezza;

-versamento ad un sistema di conservazione.

 

Nel caso di documento informatico formato secondo le sopracitate lettere c) e d) le caratteristiche di immodificabilità e di integrità sono garantite da una o più delle seguenti operazioni:

-apposizione di una firma elettronica qualificata, di una firma digitale o di un sigillo elettronico qualificato o firma elettronica avanzata;

-registrazione nei log di sistema dell’esito dell’operazione di formazione del documento informatico, compresa l’applicazione di misure per la protezione dell’integrità delle basi di dati e per la produzione e conservazione dei log di sistema;

-produzione di una estrazione statica dei dati e il trasferimento della stessa nel sistema di conservazione.

 

Alla luce di quanto sopra, l’Agenzia delle entrate ha escluso l’idoneità ai fini tributari di qualsiasi procedura che preveda l’utilizzo di firma elettronica “semplice” (ossia non qualificata, digitale o avanzata).

Imposta sostitutiva sulle mance: requisiti e modalità per l’applicazione

L’Agenzia delle entrate ha fornito i chiarimenti interpretativi in tema di tassazione delle mance percepite dal personale impiegato nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande e di trattamento integrativo speciale previsto per i lavoratori del settore turistico, ricettivo e termale (Agenzia delle entrate, circolare 29 agosto 2023, n. 26/E).

I commi da 58 a 62 dell’articolo 1 della Legge di bilancio 2023 hanno introdotto, in luogo della tassazione ordinaria, una tassazione sostitutiva in relazione alle somme elargite dai clienti a titolo di liberalità (c.d. mance) e corrisposte, sia in contanti sia attraverso mezzi di pagamento elettronici, ai lavoratori del settore privato, impiegati nelle strutture ricettive e negli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande.

 

Il nuovo regime di tassazione sostitutiva trova applicazione con esclusivo riferimento alle mance percepite dai lavoratori, del settore privato, delle strutture
ricettive e degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande che:

  • risultino titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a euro 50.000;

  • non abbiano rinunciato per iscritto alla facoltà di optare per la tassazione sostitutiva.

Ai fini del calcolo di tale limite reddituale previsto, l’Agenzia delle entrate ritiene che debbano essere inclusi tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore, compresi quelli derivanti da attività lavorativa diversa da quella svolta nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione.

Il predetto limite reddituale di euro 50.000 è riferito al periodo d’imposta precedente a quello di percezione delle mance da assoggettare a imposta sostitutiva.

Si considerano percepiti nel periodo d’imposta anche le somme e i valori corrisposti entro il 12 gennaio del periodo d’imposta successivo a quello a cui si riferiscono (c.d. principio di cassa allargato). In particolare, entrano nel computo della soglia reddituale anche le somme assoggettate, nel precedente periodo d’imposta, alla tassazione sostitutiva delle mance.

 

Da un punto di vista soggettivo, per la fruizione del regime sostitutivo, devono essere rispettati principalmente tre requisiti:

 

– la titolarità di un rapporto di lavoro nel settore privato in uno specifico comparto economico;

– la percezione nell’anno precedente di redditi di lavoro dipendente non superiori a euro 50.000, anche se derivanti da più rapporti di lavoro con datori di lavoro diversi;

– l’assenza di una rinuncia scritta alla tassazione sostitutiva.

 

Le mance, dunque, costituiscono redditi di lavoro dipendente e, salva espressa rinuncia scritta del lavoratore, sono soggette, a opera del sostituto d’imposta, a una tassazione sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali, con l’aliquota del 5%, entro il limite del 25% del reddito percepito nell’anno per le relative prestazioni di lavoro.

La base di calcolo cui applicare il 25% è costituita dalla somma di tutti i redditi di lavoro dipendente percepiti nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione, comprese le mance, anche se derivanti da rapporti di lavoro intercorsi con datori di lavoro diversi.

Il limite annuale del 25% del reddito percepito nell’anno per le prestazioni di lavoro rese nel settore turistico-alberghiero e della ristorazione rappresenta una franchigia, con la conseguenza che, in caso di superamento dello stesso, solo la parte eccedente il limite deve essere assoggettata a tassazione ordinaria.

Il superamento del limite reddituale di euro 50.000 di redditi di lavoro dipendente non rileva nell’anno in cui si percepiscono le mance, ma costituisce una causa ostativa alla tassazione agevolata delle predette mance conseguite nell’anno successivo.

 

Spetta al sostituto d’imposta applicare tale imposta sostitutiva, previa verifica del rispetto del limite di reddito di lavoro dipendente conseguito dal lavoratore.

Per quanto concerne il lavoratore, invece, questi è tenuto a comunicare al sostituto d’imposta l’insussistenza del diritto ad avvalersi del regime sostitutivo nell’ipotesi in cui nell’anno precedente abbia conseguito redditi di lavoro dipendente d’importo superiore a euro 50.000, ovviamente se conseguiti presso datori di lavoro diversi.

 

Infine, la circolare analizza il trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinari effettuato nei giorni festivi, specificando che:

  • ne sono beneficiari i titolari di reddito di lavoro dipendente impiegati nel settore privato del comparto turistico, ricettivo e termale, i quali nel periodo d’imposta 2022 siano stati titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore a euro 40.000;

  • ai fini del calcolo del limite reddituale previsto, devono essere inclusi tutti i redditi di lavoro dipendente conseguiti dal lavoratore (anche da più datori di lavoro), compresi quelli derivanti da attività lavorativa diversa da quella svolta nel settore turistico, ricettivo e termale;

  • il lavoratore interessato deve attestare per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno 2022 tramite dichiarazione sostitutiva di atto di notorio;

  • la base di calcolo è la retribuzione lorda riferita esclusivamente alle prestazioni rese nel periodo compreso dal 1 giugno 2023 al 21 settembre 2023.

 

Disponibile la piattaforma per la presentazione delle istanze inerenti al Social Bonus

Relativamente al Social Bonus in favore degli Enti del terzo settore, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha reso nota l’attivazione della piattaforma per la presentazione delle istanze con scadenza 15 settembre (Ministero del lavoro e delle politiche sociali, comunicato 28 agosto 2023).

Per gli ETS che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche sociali un progetto per sostenere il recupero di immobili pubblici inutilizzati e di beni mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati ai suddetti Enti e da questi utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività di cui all’art. 5 con modalità non commerciali, l’articolo 81 del D.Lgs. n. 117/2017 prevede un credito d’imposta:

  • pari al 65% delle erogazioni liberali in denaro effettuate da persone fisiche;

  • del 50% se effettuate da enti o società.

Tale credito d’imposta è riconosciuto alle persone fisiche e agli enti non commerciali nei limiti del 15% del reddito imponibile ed ai soggetti titolari di reddito d’impresa nei limiti del 5×1000 dei ricavi annui.

Per i soggetti titolari di reddito d’impresa il credito è utilizzabile tramite compensazione e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

In entrambi i casi il suddetto credito d’imposta è ripartito in 3 quote annuali di pari importo.

 

Per inoltrare la richiesta di accesso al beneficio, dunque, gli istanti devono compilare il format disponibile all’interno del sito istituzionale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e allegare la modulistica adottata con Decreto del Direttore generale del terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese e del Direttore generale dell’innovazione tecnologica, delle risorse strumentali e della comunicazione del 7 luglio 2023, n. 118.

 

Ai sensi del comma 2, art. 8 del Decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 23 febbraio 2022, con cui sono state definite le modalità di attuazione delle agevolazioni previste dal citato articolo 81, comprese le procedure per l’approvazione dei progetti di recupero finanziabili, le scadenze per ciascun anno per la presentazione delle istanze sono:

 

15 gennaio;

15 maggio;

15 settembre.

 

Pertanto, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha ricordato che il prossimo 15 settembre sarà la prima finestra utile per la presentazione dei progetti da finanziare con la misura del Social Bonus.

 

 

Detrazione IVA per interventi su un locale di proprietà comunale usato in parte a fini commerciali

L’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla possibilità di presentare dichiarazioni IVA integrative al fine di poter esercitare la detrazione, relativamente a interventi effettuati su un locale di proprietà del Comune, con riferimento all’effettuazione dell’attività commerciale in parte realizzata su una parte dello stesso locale (Agenzia delle entrate, risposta 25 agosto 2023, n. 419).

L’articolo 19 del Decreto IVA, ai commi 1, 2 e 4, prevede che per la determinazione dell’imposta dovuta a norma del primo comma dell’articolo 17 o dell’eccedenza di cui al secondo comma dell’articolo 30, è detraibile dall’ammontare dell’imposta relativa alle operazioni effettuate, quello dell’imposta assolta o dovuta dal soggetto passivo o a lui addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni e ai servizi importati o acquistati nell’esercizio di impresa.

 

In particolare, il diritto alla detrazione dell’imposta sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitata al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto e alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo.

 

In riferimento alla determinazione della quota detraibile, l’Agenzia delle entrate ha avuto già modo di precisare, con la circolare 24 dicembre 1997, n. 328/E, che per i beni ed i servizi utilizzati esclusivamente per realizzare operazioni fuori campo IVA non compete alcuna detrazione d’imposta e, relativamente agli acquisti di beni e servizi utilizzati promiscuamente e cioè impiegati per realizzare sia operazioni imponibili sia operazioni escluse dall’ambito IVA, che spetta una detrazione parziale, rapportata all’entità del loro impiego nelle operazioni soggette ad imposta.

Relativamente agli enti non commerciali, tra i quali sono riconducibili i Comuni, l’articolo 19ter ammette in detrazione soltanto l’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni fatti nell’esercizio di attività commerciali.

 

La detrazione, dunque, è ammessa:

  • a condizione che l’attività commerciale sia gestita con contabilità separata da quella relativa all’attività principale e conforme alle disposizioni di cui agli articoli 20 e 20bis del D.P.R. n. 600/1973;

  • relativamente ai beni e servizi utilizzati promiscuamente nell’esercizio dell’attività commerciale e dell’attività principale, nella parte imputabile all’esercizio dell’attività commerciale.

Diversamente, la detrazione non è ammessa:

  • in caso di omessa tenuta, anche in relazione all’attività principale, della contabilità obbligatoria a norma di legge o di statuto;

  • quando la contabilità stessa presenti irregolarità tali da renderla inattendibile. 

L’articolo 19bis2, commi 1 e 2, dello stesso Decreto IVA, inoltre, prevede che la detrazione dell’imposta relativa ai beni non ammortizzabili e ai servizi è rettificata in aumento o in diminuzione qualora i beni e i servizi medesimi siano utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata.

 

Nel caso di specie, il Comune utilizza un locale di sua proprietà, coincidente con l’area che risulta oggetto di affidamento in concessione, in parte per effettuare un’attività economica e per la restante parte per lo svolgimento della propria attività istituzionale di rappresentanza.

L’Agenzia chiarisce che il locale, seppur accatastato quale bene immobile destinato ad attività commerciale, risulta parzialmente destinato a detta attività solo a partire dalla stipula dell’atto di concessione.

Infatti, solo con riferimento all’affidamento dei predetti servizi e della connessa parte dell’area del locale strumentale all’esercizio degli stessi, a fronte del pagamento dei relativi canoni da parte del concessionario per l’intera durata della medesima concessione, può configurarsi in capo al Comune l’attività economica che lo stesso ritiene di svolgere e, conseguentemente, da quel momento è esercitabile il relativo diritto alla detrazione dell’IVA assolta per interventi di riqualificazione, recupero statico, efficientamento energetico e rifunzionalizzazione.

 

Pertanto, la parziale destinazione d’uso dell’immobile consente al Comune di recuperare proporzionalmente, per i decimi che residuano, la quota d’imposta ad essi relativa, in applicazione di quanto previsto sia dal richiamato articolo 19, comma 4 sia dal citato articolo 19bis del Decreto IVA.

Concorre al reddito di lavoro dipendente il rimborso spese erogato dal datore di lavoro

Le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro anticipate dal dipendente per snellezza operativa (Agenzia delle entrate, risposta 25 agosto 2023, n. 421).

L’art. 51, comma 1, del TUIR sancisce il c.d. principio di onnicomprensività, secondo il quale costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.

Il medesimo articolo  51 individua, tuttavia, specifiche deroghe al principio di onnicomprensività, elencando le componenti reddituali che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono solo in parte.

In particolare al comma  4, lettera  a), del TUIR viene definito il regime fiscale degli autoveicoli, motocicli e ciclomotori concessi in uso promiscuo ai dipendenti, per i quali è previsto, in deroga al generale criterio di tassazione dei fringe benefit basato sul loro ”valore normale”, un criterio di determinazione forfetaria del quantum da assoggettare a tassazione.

 

Nel caso di specie, una società che dispone di una flotta aziendale di circa 230 autovetture assegnate in uso promiscuo ai dipendenti, con addebito del ”fringe benefit” in busta paga, ha interpellato l’Agenzia delle entrate per sapere se i rimborsi delle spese per l’energia elettrica sostenute per la ricarica di tali auto effettuata presso l’abitazione dei dipendenti e i rimborsi delle spese di installazione e di manutenzione ordinarie delle wallbox necessarie per la carica debbano essere assoggettati a tassazione quale reddito di lavoro dipendente o se possano essere ricondotti nella categoria di cui al citato articolo 51, comma 4, lettera a), del TUIR.

 

La Legge di bilancio 2020 ha modificato la citata lettera a) al fine di incentivare il ricorso all’utilizzo di veicoli meno inquinanti, confermando la tassazione forfetaria dei veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti, seppur graduata in ragione delle emissioni di anidride carbonica degli stessi.

Già nella circolare n. 326/1997, l’Agenzia ha avuto modo di chiarire che la determinazione del valore imponibile sulla base del totale del costo di percorrenza esposto nelle tabelle ACI costituisce una determinazione dell’importo da assoggettare a tassazione del tutto forfetaria, che prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. Nel medesimo documento di prassi è stato altresì chiarito che il datore di lavoro, oltre a concedere la possibilità di utilizzare il veicolo in modo promiscuo, può fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente.

 

Pertanto, l’Agenzia ritiene che l’installazione delle colonnine di ricarica e contatore a defalco, effettuata presso l’abitazione del dipendente, rientri tra i beni che vanno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente e, pertanto, da assoggettare a tassazione come reddito di lavoro dipendente.
Per quanto riguarda, invece, il consumo di energia, l’Agenzia chiarisce che lo stesso non rientra tra i fringe benefit ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore che rileva alla formazione del reddito da lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa.

In conclusione, quindi, anche i rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoratore dipendente da assoggettare a tassazione.